«Non sappiamo se natura abbia mai riprodotte anime e teste, come quelle d’Omero, Virgilio ed Orazio, o se ne abbia rotta la stampa: ma osiam ben dire che Persio è ricomparso in Monti; e che se la lingua di Persio fosse stata italiana, il testo di Monti traduttore sarebbe stato quello di Persio originale»: questo giudizio di Vincenzo Cuoco sulla prima importante traduzione pubblicata dal maggiore lirico italiano a cavaliere fra Sette e Ottocento, rende merito a un’opera capitale del neoclassicismo che viene qui proposta per la prima volta in edizione critica.
Nel presente volume il testo della versione, che spicca all’interno della produzione consolare-repubblicana di Monti ed è strettamente legata alle lezioni di eloquenza all’Università di Pavia, viene ripubblicato attraverso lo studio dei testimoni in una edizione che riunisce la trascrizione del manoscritto, i postillati autografi, la princeps (1803) e la tarda seconda edizione del 1826.
La descrizione puntuale della lingua e il minuzioso commento dei versi e delle note permettono di accedere a un’opera complessa e sperimentale con cui Monti proponeva un linguaggio nuovo per la satira italiana e un approccio inedito allo studio dell’antichità letteraria, fondato su una erudizione essenziale, derivata dal classicismo recente o coevo di orizzonte europeo.